RSA e rette di ricovero
E’ stato già affrontato il tema del pagamento delle rette di ricovero in RSA nel caso di pazienti affetti da demenza e altre patologie degenerative.
In una nuova pronuncia della Corte d’Appello di Milano (sentenza n. 1644 del 09.06.2025), la Corte ha ribadito l’orientamento maggioritario della giurisprudenza di legittimità.
Il caso
Il figlio di una paziente affetta da deficit cognitivo e demenza aveva firmato, al momento dell’ingresso della madre in RSA, un impegno al pagamento della retta. La Struttura, dunque, richiedeva il pagamento di circa euro 26.000 a titolo di retta di degenza.
Il figlio della paziente agiva innanzi al Tribunale di Milano al fine di ottenere una pronuncia di accertamento della mancata debenza dell’importo.
Il Tribunale di Milano, però, respingeva la domanda attorea ritenendo che le condizioni in cui versava la Sig.ra e le prestazioni di cui aveva beneficiato non integrassero i requisiti richiesti dalla normativa in materia di livelli essenziali di assistenza affinchè la retta di ricovero fosse posta interamente a carico della Regione.
Avverso tale pronuncia presentava appello il figlio dell’ospite.
Quadro normativo
Il D.P.C.M. 14 febbraio 2001 e il D.P.C.M. 29 novembre 2001 che definiscono i Livelli Essenziali di Assistenza (di seguito anche brevemente “LEA”), vale a dire le prestazioni e i servizi che il Servizio Sanitario Nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini a titolo gratuito ovvero mediante partecipazione alla spesa.
In particolare, viene stabilita la gratuità delle prestazioni per le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale (art. 3 co. 1 DPCM 14 febbraio 2001) e per quelle a carattere socio sanitario ad elevata integrazione sanitaria (art. 3 co. 3 del medesimo Decreto).
Precedenti giurisprudenziali
La Corte d’Appello di Milano, nella pronuncia citata, fa espresso richiamo ai principi affermati dalla recente giurisprudenza di legittimità secondo cui le prestazioni socio sanitarie a elevata integrazione sanitaria sono presenti ogni qualvolta le prestazioni di natura sanitaria non possano essere eseguite “se non congiuntamente” alla attività di natura socioassistenziale, di tal ché non sia possibile discernere il rispettivo onere economico, con la conseguenza che diviene prevalente la natura sanitaria del servizio “in quanto le altre prestazioni – di natura diversa- debbono ritenersi avvinte alle prime da un nesso di strumentalità necessaria essendo dirette a consentire la cura della salute dell'assistito, e dunque la complessiva prestazione deve essere erogata a titolo gratuito” (ex multis Cass. 3 Sez. ord. 2216/2024).
Secondo la Suprema Corte la prestazione socio assistenziale diviene “inscindibilmente connessa” a quella sanitaria in presenza di un trattamento terapeutico personalizzato non connotato da occasionalità.
Secondo la Corte di Cassazione “l'attività prestata in favore di soggetto gravemente affetto da morbo di Al. ricoverato in istituto di cura è qualificabile come attività sanitaria, quindi di competenza del Servizio Sanitario Nazionale, ai sensi della L. n. 730 del 1983, art. 309, non essendo possibile determinare le quote di natura sanitaria e detrarle da quelle di natura assistenziale, stante la loro stretta correlazione, con netta prevalenza delle prime sulle seconde, in quanto comunque dirette, anche ex D.P.C.M. 8 agosto 1985, art. 1, alla tutela della salute del cittadino” (Cass. 22/02/2024 n. 4752; Cass. 11/12/2023 n. 34590). E' dunque sufficiente, secondo la Corte Superiore, che a una persona affetta da Al. siano erogate prestazioni sanitarie collegate, per rendere la prestazione assistenziale inscindibilmente connessa a quella sanitaria (Cass. Sez. 3, 24/01/2023, n. 2038).
Tali principi valgono non solo nel caso di pazienti affetti da morbo di Al., ma anche in presenza di altre patologie degenerative, come la demenza senile, ovvero disabilità dovute a deficit cognitivi, occorrendo più in generale verificare se, in relazione alla malattia di cui è affetto il paziente, siano necessarie, per assicurargli la tutela del suo diritto soggettivo alla salute e alle cure, prestazioni di natura sanitaria che non possono essere eseguite se non congiuntamente alla attività di natura socio-assistenziale (Cass. cit).
Il caso di specie
Dall’esame della documentazione medica è emersa la gravità della situazione clinica della Signora, affetta da infermità cognitiva, deficit cognitivo con aspetti deliranti e altre patologie. Il quadro delle patologie era tale da esigere un trattamento personalizzato, con la conseguenza che l’onere economico della prestazione socio assistenziale deve essere posto a carico del SSN. Le prestazioni di carattere assistenziale rese a favore della Signora, dunque, hanno carattere gratuito. L’impegno di pagamento sottoscritto dal figlio è, pertanto, nullo per contrarietà a norme imperative, ex art 1418 c.c.
Conclusioni
Secondo l’orientamento maggioritario della giurisprudenza, gli impegni di pagamento sottoscritti dai familiari di soggetti affetti da morbo di Alzheimer (ma anche da altre patologie degenerative, come la demenza senile, ovvero disabilità dovute a deficit cognitivi) non hanno efficacia giuridica, sono nulli per contrarietà a norme imperative ex art 1418 c.c.
Le famiglie, dunque, possono contestare le richieste illegittime di pagamento delle rette innanzi al Giudice, richiamando la giurisprudenza citata.
La ragione principale (se non unica) per cui oggi si assiste ancora a una scarsa applicazione / attuazione dei principi menzionati è che i fondi pubblici sono sempre troppo limitati rispetto alle concrete necessità.
In applicazione dell’orientamento maggioritario della giurisprudenza, le RSA devono rivolgersi, nelle ipotesi di cui si è parlato, alle Regioni per ottenere la copertura economica.