Revoca giudiziale dell’amministratore di condominio

La revoca dell’amministratore di condominio è l’atto con cui si può interrompere il rapporto di collaborazione tra il Condominio e il soggetto che si occupa della sua amministrazione. La revoca presuppone, dunque, l’esistenza di un rapporto che viene interrotto prima della sua naturale scadenza. Ciò può avvenire in due modi:

1) per volontà dell’assemblea condominiale, quindi per decisione dell’assemblea condominiale;

2) su iniziativa di un singolo condomino, tramite ricorso all’autorità giudiziaria, ai sensi degli artt 1129, comma 11 c.c. e 64 disp. Att. c.c.

Analizzando nel dettaglio la seconda ipotesi, la revoca giudiziale dell’amministratore può avvenire solo quando c’è una giusta causa e, cioè:

a)      la mancata comunicazione all’assemblea dei condomini della ricezione di un atto di citazione o un provvedimento amministrativo che eccede l’esercizio delle sue funzioni (ex art 1131, comma 4 richiamato dall’art 1129, comma 11 c.c.): l’amministratore può costituirsi in giudizio per difendersi dalla domanda eccedente dalle sue funzioni e impugnare la sentenza sfavorevole senza preventiva autorizzazione, ma poi, in tale ipotesi, necessita della ratifica del suo operato da parte dell'assemblea stessa (per evitare la pronuncia di inammissibilità dell'atto di costituzione ovvero di impugnazione);

 

b)      il mancato reso conto della gestione (ex art 1129, comma 11 c.c.): il rendiconto rappresenta il fulcro della gestione condominiale. L'amministrazione delle cose, dei servizi e degli impianti comuni negli edifici, soggetti al regime del condominio, è affidata all'assemblea dei proprietari delle unità immobiliari e all'amministratore, nominato dalla stessa assemblea. Dagli artt. 1130,1130-bis, 1135, n. 3, e 1137, commi 2 e 3 c.c., sono così disciplinati l'obbligo dell'amministratore del condominio di predisporre e di presentare il rendiconto condominiale annuale (o, comunque, una relazione contabile che mostri una chiara situazione della gestione condominiale) all'approvazione dell'assemblea; la competenza dell'assemblea in ordine alla verifica e all'approvazione del rendiconto, concernente il bilancio consuntivo; i poteri dei singoli condomini relativi al controllo dell'operato dell'amministratore, che si esauriscono con la partecipazione e con il voto in assemblea e, eventualmente, con l'impugnazione delle deliberazioni. L'amministratore di condominio, dunque, è tenuto a dare il conto della gestione alla fine di ciascun anno: l'assemblea dei condomini è legittimata a verificare e ad approvare il rendiconto annuale dell'amministratore; i condomini assenti o dissenzienti possono impugnare la deliberazione, che approva il rendiconto, rivolgendosi all'autorità giudiziaria nel termine di 30 giorni. L'obbligo del mandatario (quale è l’amministratore di condominio rispetto al condominio) di rendere il conto diventa esigibile al momento in cui il mandato viene eseguito: per l'amministratore del condominio l'attualità di tale obbligo si verifica alla scadenza di ciascun anno, dovendosi poi convocare l'assemblea per la relativa approvazione entro 180 giorni. La mancata disponibilità della documentazione contabile, per l'esame dei condomini e dei titolari di diritti reali o di godimento, comporta la violazione da parte dell'amministratore dell'obbligo di rendiconto e l'annullabilità della deliberazione di approvazione (gravando sugli interessati l'onere di dimostrare che l'amministratore non abbia loro consentito di esercitare detta facoltà di accesso), giacché la lesione del diritto dei condomini all'informazione incide sul procedimento di formazione delle maggioranze assembleari. Anche un’approvazione intempestiva da parte dell’assemblea non vale quale automatica sanatoria dell’inadempimento dell’amministratore;

 

c)      la commissione di gravi irregolarità (ex art 1129, comma 11 c.c.): il legislatore, all’art 1129, ultimo comma c.c., riporta un elenco (non tassativo) di gravi irregolarità (come, per esempio, l’omessa convocazione dell’assemblea per l’approvazione del rendiconto condominiale, il ripetuto rifiuto di convocare l’assemblea per la revoca e per la nomina del nuovo amministratore e altri casi previsti dalla legge).

Occorre precisare che, alla luce del dettato normativo (art. 1129, comma 11, c.c.,) solo nei casi in cui siano emerse gravi irregolarità fiscali o la mancata apertura e tenuta del conto corrente, è consentita l'opportunità ai condomini, anche singolarmente, di chiedere la convocazione dell'assemblea per far cessare la violazione e revocare il mandato all'amministratore; diversamente è ampiamente legittima l'azione proposta dal singolo condomino (Trib. Bari sez. III, 12/05/2023).

Il decreto emesso dal Tribunale in tema di revoca dell’amministratore di condominio costituisce un provvedimento di volontaria giurisdizione: in particolare, il provvedimento di nomina dell’amministratore adottato dal Presidente del Tribunale costituisce attività non giurisdizionale ma amministrativa, diretta solo ad assicurare al condominio l’esistenza dell’organo necessario per l’espletamento delle incombenze ad esso demandate dalla legge.

Nel procedimento di revoca giudiziale dell’amministratore promosso da uno o da alcuni condomini, l’unico legittimato a contraddire è l’amministratore (non anche il condominio).

Quando un condomino agisce per la revoca giudiziale dell’amministratore, la mediazione non rientra (secondo il più recente orientamento giurisprudenziale) nei casi di mediazione obbligatoria. In tal senso si è pronunciata anche la giurisprudenza di legittimità: si veda Cass. n. 1237/2018: “È vero infatti che l'art. 71 quater disp. att. c.c., (introdotto dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220) precisa che per “controversie in materia di condominio”, ai sensi del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, art. 5, comma 1, si intendono, tra le altre, quelle degli artt. da 61 a 72 disp. att. c.c., (essendo l'art. 64 disp. att. c.c., relativo appunto, alla revoca dell'amministratore). Per contro, l'art. 5, comma 4, lett. f, (come sostituito dal D.L. n. 69 del 2013, conv. in L. n. 98 del 2013) del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, è inequivoco nel disporre che il meccanismo della condizione di procedibilità, di cui ai commi 1 bis e 2, non si applica nei procedimenti in camera di consiglio, essendo proprio il giudizio di revoca dell'amministratore di condominio un procedimento camerale plurilaterale tipico”).

Ai sensi dell’art 64, comma 2 disp. Att. c.c., “contro il decreto motivato reso dal Tribunale può esser proposto reclamo alla Corte d’Appello nel termine di 10 giorni dalla notificazione o dalla comunicazione”. Ai sensi dell’art 27 D.Lgs 116/2017, la predetta disposizione è sostituita dalla seguente: “Contro il provvedimento del giudice di pace può essere proposto reclamo in Tribunale entro 10 giorni dalla notificazione o dalla comunicazione”. Tale disposizione entrerà in vigore il 31.10.2025.

Il provvedimento che statuisce la revoca dell’amministratore del condominio ha, dunque, efficacia dalla data dell’inutile spirare del termine per il reclamo. Gli atti compiuti dall’amministratore anteriormente al momento in cui tale revoca diviene efficace non sono viziati da automatica invalidità, continuando ad essere giuridicamente vincolanti nei confronti del condominio.

Quando l’amministratore è revocato su statuizione del giudice, l’assemblea condominiale non può rinominarlo art 1129, comma 13 c.c.). Secondo la giurisprudenza, la suddetta preclusione si ritiene valida soltanto con riferimento all'esercizio successivo, e non sine die, non potendo trasformarsi, per l'assemblea, in una limitazione perpetua della libertà decisionale e, per l'amministratore di condominio, in una sanzione a tempo indeterminato (Trib. Trieste 11 dicembre 2018, n. 729).

L’amministratore nominato dal Tribunale non può essere equiparato all’amministratore nominato dall’assemblea (poiché la sua nomina non trova fondamento in un atto fiduciario dei condomini). Conseguentemente, il termine di un anno di cui all’art 1129, comma 10 c.c. costituisce il limite massimo di durata dell’ufficio (che può cessare anche prima se vengono meno le ragioni a fondamento della nomina, come l’avvenuta nomina dell’amministratore fiduciario).

 

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