Mantenimento dei figli maggiorenni

Il dovere di mantenere i figli è sancito dall’art 30 della Costituzione e dall’art 147 c.c. Questo diritto del figlio al mantenimento permane anche in caso di separazione / divorzio, in cui viene posto a carico del genitore non collocatario un dovere di corresponsione dell’assegno di mantenimento per il figlio (e, poiché si tratta di un diritto inderogabile del figlio, sarà nullo qualsiasi accordo che preveda il contrario).

Anche i figli maggiorenni possono avere diritto al mantenimento da parte dei genitori. L’art 337septies, comma 1 c.c., infatti, prevede che “Il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all'avente diritto”.

In sostanza, il genitore deve continuare a contribuire alle necessità del figlio, anche se maggiorenne, fino a quando quest’ultimo non sia effettivamente in grado di provvedere da solo al proprio sostentamento. Questo non significa che l’obbligo sia illimitato: occorre verificare se il figlio si stia impegnando (per esempio, stia seguendo un percorso di studio, stia svolgendo stage, stia cercando lavoro).

La Cassazione, sul punto, afferma che “A questi principi si giustappone il principio di autoresponsabilità, cui richiamare il figlio per impedirgli di abusare del suo diritto, poiché il diritto del figlio si giustifica, come emerge anche dal dettato costituzionale, all'interno e nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso formativo, tenendo conto delle sue capacità, inclinazioni ed aspirazioni, ma anche del dovere del medesimo di ricercare un lavoro contemperando, fra di loro, le sue aspirazioni astratte con il concreto mercato del lavoro, non essendo giustificabile nel figlio adulto l'attesa ad ogni costo di un'occupazione necessariamente equivalente a quella desiderata (si vedano Cass. 12952/2016; Cass. n. 5088/2018; Cass. n. 29264/2022; Cass. 26875/2023; Cass. n. 12123/2024)… Pertanto, pur se l'obbligo di mantenimento non cessa ipso facto con il raggiungimento della maggiore età da parte dei figli (Cass. n. 19589/2011), "può essere accertato il venir meno del diritto al mantenimento, qualora il figlio, abusando di quel diritto, tenga un comportamento di inerzia o di rifiuto ingiustificato di occasioni di lavoro (ovvero di colpevole negligenza nel compimento del corso di studi intrapreso) e, quindi, di disinteresse nella ricerca dell'indipendenza economica" (v. Cass. n. 18076/2014, in parte motiva). Da una lettura contestuale e costituzionalmente orientata delle norme che regolano la filiazione, si desume quindi che il ruolo di supporto dei genitori, pur diversamente modulandosi al conseguimento della maggiore età, termina solo nel momento in cui il figlio si inserisce (o avrebbe dovuto farlo secondo i paramenti di una diligente condotta) in modo indipendente ed autonomo nella società e comunque non può protrarsi oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, al di là dei quali si risolverebbe in forme di parassitismo, in spregio al dovere di solidarietà di cui è richiesto l'adempimento a tutti i consociati (art. 2 Cost.), a maggior ragione all'interno della formazione sociale famiglia” (Cass. 12121/2025).

E’ evidente, dunque, che il diritto del figlio al mantenimento da parte dei genitori non sia eterno.

Le più frequenti ipotesi di revoca sono la circostanza che il figlio maggiorenne abbia trovato un lavoro stabile e idoneo a dargli l’autonomia economica; l’ipotesi dell’inerzia da parte del figlio maggiorenne non intenzionato a rendersi autonomo.

Per chiedere / ottenere la revoca dell’assegno di mantenimento al figlio maggiorenne, è sempre opportuno rivolgersi al giudice (sicuramente non è, invece, sufficiente che il genitore tenuto al versamento dell’assegno di mantenimento cessi in modo arbitrario il versamento).

Se tutte le parti (genitori e figlio) sono concordi, si potrà depositare un ricorso su domanda congiunta volto alla modifica delle condizioni di separazione /divorzio.

Altro strumento cui i coniugi possono ricorrere al fine di modificare (eventualmente revocare) le condizioni di separazione / divorzio è la negoziazione assistita (procedura stragiudiziale che presuppone l’accordo tra le parti e non richiede il passaggio innanzi al giudice, concludendosi con un atto equivalente alla sentenza del giudice).

La questione della modifica delle condizioni di separazione suscita la problematica della legittimazione passiva (cioè, a chi debba esser indirizzato il ricorso o con chi deve esser instaurata la procedura di negoziazione assistita).

Occorre distinguere a seconda che il figlio sia ancora convivente con il genitore collocatario (generalmente la madre) oppure non lo sia più.

Nel caso di convivenza sussiste una legittimazione concorrente del figlio maggiorenne e del genitore a richiedere l’assegno (o a resistere alla domanda di revoca).

Nell’ipotesi in cui, invece, non sussista più il presupposto della convivenza del figlio maggiorenne con il genitore collocatario, risulta attivamente e passivamente legittimato in via esclusiva il figlio maggiorenne che non convive più con il genitore.

Nel caso in cui, peraltro, fin dall’inizio la sentenza (di separazione / divorzio) abbia previsto il versamento diretto al figlio maggiorenne, la legittimazione attiva e passiva alla richiesta di modifica spetterà unicamente al figlio maggiorenne. In tal senso, il Tribunale di Torino (decreto dell’11.04.2016) ha affermato che “In materia di conflitti familiari, legittimazione concorrente del figlio maggiorenne e del genitore a richiedere l’assegno (ovvero a resistere alla domanda di revoca) sussiste fintanto che il figlio conviva con il genitore, dovendosi invece ritenere attivamente o passivamente legittimato in via esclusiva il figlio maggiorenne che non conviva più con il genitore. A fronte di condizioni di separazione o divorzio che prevedano ab origine il versamento diretto dell’assegno ex art. 337-septies c.c. al figlio maggiorenne economicamente non indipendente già allora non convivente con l’altro genitore, dando luogo così ad un’eccezionale ipotesi di attribuzione giudiziale di un diritto ad un terzo che non ha partecipato al processo, la domanda diretta a modificare tale statuizione giudiziale può essere proposta soltanto da o contro il figlio maggiorenne stesso, legittimato in via esclusiva in quanto non convivente con il genitore e già individuato “a monte” come creditore esclusivo dell’obbligazione di pagamento”.

Ciò detto, poiché il diritto al mantenimento è un diritto del figlio, è sempre (anche nelle ipotesi di accordo) consigliabile che il figlio sia consenziente o almeno informato, soprattutto se ancora convivente con il genitore.

 

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Revoca giudiziale dell’amministratore di condominio