Consorzi di enti locali e applicabilità della disciplina privatistica di cui all’art 2615 c.c. (responsabilità verso i terzi)
La Suprema Corte di Cassazione, con due recenti ordinanze, si è espressa in merito alla compatibilità della responsabilità solidale dei consorziati, prevista dall’art. 2615, secondo comma, cod. civ., con la disciplina pubblicistica dettata dal d. lgs. N. 267 del 2000 per i consorzi di enti locali.
La questione giuridica affrontata e risolta dalla Suprema Corte di legittimità
Riguardava il credito azionato da Case di Riposo nei confronti di un Consorzio e dei Comuni consorziati, avente ad oggetto il pagamento d’importi dovuti a titolo d’integrazione delle rette relative a servizi socio-assistenziali elargiti a cittadini residenti nei medesimi Comuni.
Soluzione cui è pervenuta la Corte di Cassazione
La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 607/2025, pubblicata in data 16.02.2025, conclude che l’estensione dell’art. 2615, comma secondo, cod. civ., ai Consorzi Comunali predicato dalla Corte territoriale, mediante l’esegesi degli artt. 31 e 114 D. Lgs. N. 267 /2000 e la “natura economica” attribuita a tali Consorzi non appare dirimente onde predicare o negare la sussistenza dell’obbligazione dei singoli Comuni. La fonte va, invece, identificata nell’art. 3-septies del D. Lgs. n. 502/1992, commi primo e sesto, e nell’art. 35, commi secondo e terzo, della Legge reg. n. 1/2004.
Non è condivisibile la conclusione cui è pervenuta la Corte territoriale, che ha finito per affermare una solidarietà, per così dire “urbi ed orbi” ossia estesa a tutti i Comuni consorziati per tutte le obbligazioni consortili derivanti dai ricoveri, senza, però, spiegare la compatibilità di tale conclusione né con l’art. 3-septies del D. Lgs. N. 502/1992 (il quale stabilisce che i Comuni provvedano al finanziamento dei servizi socioassistenziali nei limiti dettati dalla Regione) né con la normativa regionale (la quale, a sua volta, pone a carico dei Comuni l’obbligo di provvedere al finanziamento dei servizi in base ai “bisogni espressi” dal territorio comunale, fatta salva una “quota capitaria sociale necessaria”, dovuta da tutti gli aderenti all’organo associativo -art. 35 legge regione Piemonte n. 1/2004-).
La Corte rileva che anche ove si ritenesse applicabile l’art. 2615, comma secondo, cod. civ., il risultato sarebbe il medesimo, in quanto tale disposizione non pone indistintamente a carico solidale dei consorziati tutte le obbligazioni assunte dal Consorzio, ma onera di tale solidarietà solo quei “singoli consorziati” per conto dei quali le obbligazioni sono state assunte.
La Prima Sezione Civile della Corte Suprema è tornata ad esprimersi sulla medesima questione con ordinanza n. 117/2025, pubblicata in data 01.07.2025, pervenendo a conclusione ancor più sfavorevole all’estensione della responsabilità solidale di cui all’art. 2615, secondo comma, cod. civ. ai Consorzi di enti locali.
La motivazione è più articolata e sulla base di una ampia ricognizione la Corte afferma “..che la disciplina dei consorzi di enti locali si caratterizza, nella sua attuale conformazione, per una spiccata accentuazione del profilo pubblicistico, derivante essenzialmente dall’attribuzione agli stessi di una personalità giuridica di diritto pubblico, autonoma e distinta da quella dei Comuni consorziati, dalla riconducibilità della loro costituzione ad un’apposita convenzione, qualificabile come accordo tra Pubbliche Amministrazioni ai sensi dell’art. 15 della legge 7 agosto 1990, n 241…., dal riconoscimento in loro favore di un potere di autoorganizzazione, nell’ambito delimitato dall’atto costitutivo e dallo statuto, dallo svolgimento della loro attività attraverso atti amministrativi, quanto meno nell’ambito interno e nella fase propedeutica alla stipulazione dei contratti…, dalla natura eminentemente sociale dei servizi pubblici loro affidati, dalla fornitura del capitale di dotazione da parte dei Comuni consorziati, dalla provenienza prevalentemente pubblica delle altre risorse economiche di cui si avvalgono, e dal loro assoggettamento al potere di indirizzo, vigilanza e controllo degli enti consorziati…In quest’ottica, può ritenersi condivisibile la tesi sostenuta dalla difesa dei ricorrenti, secondo cui la disciplina pubblicistica dettata dal Testo unico degli enti locali riveste una portata tendenzialmente esaustiva, tale da escludere, in linea di massima, il ricorso alla normativa privatistica, ai fini della ricostruzione dell’ordinamento e del funzionamento dei consorzi, e da imporre invece il riferimento alla legge, la quale non fa alcun cenno alla responsabilità solidale dei consorziati per le obbligazioni contratte dal consorzio, nonché allo statuto e al regolamento di quest’ultimo ed al contratto di servizio stipulato con la struttura convenzionata, i quali, ove non prevedano espressamente tale responsabilità, consentono di concludere che il consorzio è tenuto in via esclusiva al pagamento degli importi dovuti a titolo d’integrazione delle rette in favore dei soggetti cui è affidata in concreto l’erogazione dei servizi socio-assistenziali. In tal senso depongono d’altronde chiaramente la distinta soggettività giuridica del consorzio, l’autonomia patrimoniale di cui è dotato e la delimitazione del ruolo dei consorziati all’attribuzione delle risorse economiche necessarie per la copertura dei costi dell’ente, nonché, su un altro versante, il riconoscimento ai Comuni di una competenza in materia di prestazioni sociali a rilevanza sanitaria descritta in termini di mero “finanziamento” ( art.3-septies, comma sesto, del d.lgs. n. 502 del 1992), con conseguente esclusione dell’assunzione di una responsabilità diretta nei confronti delle strutture erogatrici di tali prestazioni”.
Secondo la Corte non merita consenso la sentenza impugnata, alla stregua delle considerazioni svolte nell’Ordinanza, avuto riguardo, da un lato, alla mancanza di qualsiasi cenno alla predetta responsabilità nella disciplina pubblicistica dei consorzi di enti locali e alla conseguente necessità di accertare se la stessa sia prevista, in concreto, dallo statuto, dal regolamento o dal contratto di servizio e, dall’altro lato, all’incompatibilità della predetta disciplina pubblicistica con quella privatistica di cui all’art. 2615, comma secondo. L’applicazione di quest’ultima, che comporterebbe l’estensione a ciascuno dei Comuni consorziati della responsabilità per tutte le obbligazioni contratte dal Consorzio, a prescindere dalla verifica circa la corrispondenza delle stesse al rispettivo interesse comporterebbe, peraltro, un’alterazione della Competenza dei Comuni consorziati ciascuno dei quali si troverebbe in concreto a rispondere anche dell’integrazione delle rette relative alle prestazioni rese in favore di cittadini residenti negli altri Comuni.
Conclusioni
Alla luce di quanto affermato dalle pronunce della Suprema Corte di legittimità, la disciplina pubblicistica dettata dal Testo unico degli enti locali riveste una portata tendenzialmente esaustiva tale da escludere, in linea di massima, il ricorso alla normativa privatistica, ma anche ove si ritenesse applicabile l’art 2615, comma 2 c.c. tale disposizione non porrebbe tutte le obbligazioni assunte dal Consorzio indistintamente a carico solidale dei consorziati ma solo di quei singoli consorziati per conto dei quali le obbligazioni sono state assunte.